domenica, settembre 21, 2008

Birmania: ad un anno dalla repressione


Massiccia presenza di soldati e polizia a presidiare le strade di Yangoon e molti grandi monasteri, controlli su ogni auto e passante, ieri, 18 settembre, primo anniversario del giorno nel quale migliaia di monaci buddisti scesero in piazza nell'intero Paese, sfilando tra gli applausi della gente, in protesta per le violenze dei militari contro i monaci nella città di Pakokku. Fu l'inizio di una manifestazione di massa, guidata da decine di migliaia di monaci del Paese, applaudita dalla comunità mondiale (oggi molto più silenziosa), repressa nel sangue dal regime militare con violenza sistematica. Ieri polizia ed esercito hanno indossato una cravatta rossa, segno di "massima all'erta". Nei giorni precedenti sono stati arrestati numerosi attivisti, tra cui Nilar Thein, protagonista delle proteste di un anno fa. Nelle prigioni birmane si stimano esserci almeno 2mila prigionieri politici: attivisti per i diritti umani, almeno 196 monaci autori delle proteste del 2007, esponenti delle minoranze etniche, che i militari continuano a sterminare. E il controllo su Internet si è fatto ancora più stretto. Un monaco ha raccontato che "Non possiamo nemmeno sederci tranquilli in un Internet café. Le autorità ci sorvegliano come terroristi". ( Comunicato ripreso da Information Safety and Freedom su fonte Agenzia Asia News).

1 commento:

Anonimo ha detto...

E tutto questo perché? Perché la comunità internazionale non chiede a gran voce delle sanzioni economiche nei confronti del regime autoritario del Myanmar? Perché ad esempio il nostro esecutivo non richiama in questo senso il nostro ambasciatore a Yangoon o, meglio ancora, non espelle dal nostro territorio il loro rappresentante consolare? Le soluzioni potrebbero essere molte, basta solo avere il coraggio di farlo.