giovedì, agosto 20, 2009

L'italiano, una lingua democratica

" (...) nessuno, di nessuna regione italiana, può accusare uno Stato o un Potere di avergli imposto un idioma che dalla sua (...) ha avuto semmai solo la forza della cultura. Firenze nulla fece, se non approfittare del talento dei suoi grandi scrittori. Quanto agli attuali 'padani' (...) non dimentichino che fra Ottocento e Novecento, coloro che più fecero per dare una lingua moderna a tutti gli abitanti della penisola, facendoli uscire dai dialetti e dal toscanismo angusto, furono il lombardo Manzoni, il ligure piemontesizzato De Amicis, il torinese d'Azeglio, il dalmata Tommaseo, il veneto Fogazzaro, il romagnolo Pascoli, il genovese Mazzini. E che, ancor prima, l'astigiano Alfieri, il subalpino Baretti, i milanesi Verri e Beccaria molto avevano fatto per radicare la lingua comune.(....) Ciò non toglie che i dialetti siano una ricchezza. Ma è una ricchezza ancor maggiore lo strumento divenuto pian piano comune, in quasi mille anni, ad almeno 60 milioni di persone. Per forza propria, senza bisogno di decreti governativi tutelati dai gendarmi"
(Vittorio Messori, L'italiano, una lingua democratica, "Corriere della Sera", 19 Agosto 2009).