giovedì, agosto 21, 2008

"Primavera di Praga": memento.



40 anni fa i carri armati sovietici invadevano la Cecoslovacchia e soffocavano il progetto riformatore di un "socialismo dal volto umano".
L'intervento armato e la repressione stroncavano così una delle principali esperienze dell' "altro sessantotto" (quello dell'Europa dell'Est).
Farne oggi memoria è un dovere di tutti coloro che, nel segno della cultura democratica e dell'antitotalitarismo, hanno a cuore un futuro fondato sulla coniugazione di giustizia e libertà. Che erano, poi, i riferimenti ideali dell'ormai lontana (e, inizialmente, promettente e radiosa) "Primavera di Praga".

sabato, agosto 16, 2008

Don Sciortino, un novello Lenin?



"Famiglia cristiana" è finita nel fuoco di una rovente polemica estiva per le critiche radicali al governo Berlusconi sui temi della sicurezza, dell'uso delle forze armate nelle città, delle impronte digitali obbligatorie per i Rom.
Può darsi che linguaggio e analisi proposte siano solo in parte condivisibili.
Ma l'attenzione del diffuso e popolare settimanale dei "paolini" per gli ultimi, i diseredati e la nuova "questione sociale" è, comunque, meritoria e, oggi, purtroppo inusuale.
D'altra parte, quelli che (dal versante governativo, soprattutto dopo la presa di distanza vaticana da "Famiglia cristiana") sembrano volerne addirittura interdire la diffusione presso chiese e parrocchie, oltre a rivelare una preoccupante insofferenza per le critiche, rivelano un'evidente non conoscenza della complessità del "mondo cattolico" e della sensibilità sociale esistente al suo interno. Che poco ha a che vedere con un generico "cattocomunismo". A meno di non voler inquadrare Don Sciortino (il direttore di "Famiglia cristiana") come una sorta di novello Lenin.

sabato, agosto 09, 2008



OLIMPIADI 2008

Libertà e diritti umani
per
il popolo tibetano
e per
il popolo cinese

giovedì, agosto 07, 2008

L'ombra del "capitano" Solzenicyn




Osservò, una volta, il grande "eretico" marxista Franco Fortini che una parte notevole della sinistra nostrana temeva, dietro ad ogni manifestazione di dissenso nel Blocco sovietico, di intravedere l'ombra incombente del "capitano" Solzenicyn.
Una notazione pungente che la dice lunga sulle storiche difficoltà della sinistra occidentale (e, in primis, italiana) a ricevere e ad accogliere la lezione del "dissenso" est-europeo e, ancor più, la drammatica testimonianza dell'ex ufficiale sovietico, poi deportato politico e scrittore "proibito", che in questi giorni ci ha lasciato. Di Solzenicyn si metteva in risalto il carattere conservatore, misticheggiante e tradizionalista della sua cultura. Non sempre a torto. Come, non a torto, è stata sottolineata, nei recenti anni post-sovietici, l'incongruenza delle sue prese di posizione a favore dell'ex agente del Kgb Vladimir Putin e dell'intervento russo in Cecenia. Ma tutto questo niente toglie al valore ineguagliabile e alla portata storica della denuncia del sistema concentrazionario portata avanti, a suo tempo, dall'autore di "Una giornata di Ivan Denisovic" e di "arcipelago Gulag". Aleksandr Solzenicyn, lucidissimo seppur contraddittorio profeta dell'antitolitarisimo, ci ha consegnato un testamento scritto a chiarissime lettere: l'edificazione, storicamente possibile, della giustizia sociale non può fondarsi sulla soppressione della libertà e della dignità umana. La sua denuncia dell'incubo totalitario materializzatosi nella storia ha segnato la cultura del Novecento. E rimane di piena attualità negli anni duemila.